Ricerche e Pubblicazioni
Perché c’è bisogno di ricerca scientifica?
La complessità della tecnica e le implicazioni del suo utilizzo hanno scatenato un intenso dibattito nella comunità scientifica. Una parte di ricercatori e professionisti del settore ritiene che la CF non sia una valida tecnica di comunicazione, sostenendo che è il facilitatore ad influenzare inconsciamente i movimenti del proprio assistito e che quindi sia egli da considerare autore dei testi scritti. Un’altra parte di professionisti, della comunità scientifica e molti familiari, ritiene invece che la CF permetta di portare alla luce intelligenze celate da disabilità. L’analisi della letteratura scientifica è quindi un compito arduo perché comprende molte evidenze convincenti sia a sfavore sia a favore della validità della tecnica (si rimanda alla sezione ricerca per un’analisi completa di essa). Ad alimentare incertezze e polarizzazioni, si somma la mancanza, nella ricerca scientifica, di ipotesi e studi circa i meccanismi sottostanti la tecnica. È una responsabilità etica della comunità scientifica spiegare attraverso quali meccanismi la CF agisca e funzioni, anche nell’eventualità in cui essa possa ritenersi valida solo con pochi o particolari casi di facilitazione alta. Dopo quarant’anni di ricerche ciò che appare evidente è che sappiamo ancora troppo poco circa la tecnica. Eppure, in questo clima d’incertezza teorica, posizioni ideologiche sono sempre più estreme. Ad esempio, riferendosi all’utilizzo della CF Mostert parla esplicitamente di pratica illecita (2012) e nel 2015 si arriva a parlare di violazione di diritti umani (Chan & Nankervis). Allo stesso tempo chi sostiene la tecnica spesso la abbraccia come una sorta di fede, in modo acritico, portando a volte ad utilizzi impropri della stessa. In conclusione, chi scrive (Giulia Pavon, psicologa e ricercatrice dell’associazione Vi Comunico che Penso), ritiene che una posizione radicale nei confronti di una tecnica complessa come la CF sia non solo poco utile, ma nocivo ad una indagine scientifica responsabile e non viziata da pregiudizi. Appare evidente, infatti, dall’analisi della letteratura scientifica, che molte domande circa la tecnica attendono ancora risposta. L’associazione Vi Comunico che Penso, e il lavoro svolto da chi scrive, si inseriscono in questo contesto con una gran voglia di superamento del dualismo di posizione. Se esistono risultati contrastanti nella comunità scientifica è essenziale che questi non siano selettivamente scartati ma che si cerchi di riconciliarli sul piano teorico e metodologico.
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